29 Mag Una nutrizione potente. Abbiamo fatto il pane per Lei e per tutti Noi

In questo lungo periodo di lontananza fisica da tutti i ragazzi e le ragazze che vivono, abitano e gravitano intorno al Centro Giovani Federale, ci siamo trovate come educatrici e come équipe educativa ad affrontare momenti a volte difficili e carichi di emozioni e sentimenti per lo più contrastanti.
La vicinanza in un momento così critico, che ci costringe alla lontananza fisica, abbiamo cercato di viverla creando momenti di “incontro” attraverso video chiamate, messaggi e laboratori che permettessero di sentirci ancora vicini ed uniti come sappiamo fare in questa grande e numerosa famiglia.
Una grave perdita, un lutto ci ha però messo tutt* davanti agli occhi e al cuore il dolore, ci ha fatto toccare con mano la sensazione della perdita, dell’abbandono, del distacco. Affrontare a distanza senza un abbraccio di conforto, senza poter asciugare lacrime, senza darsi un sostegno anche solo con uno sguardo, ci ha per un attimo “fermate”, come congelate in un sentimento di dolore, incredulità e smarrimento, perché questa grave perdita ha toccato anche noi. Per un attimo abbiamo sentito come educatrici il vuoto sotto ai piedi, abbiamo ripercorso nella nostra mente tutti i momenti difficili che A. aveva già dovuto affrontare alla sua giovane età, ci passavano davanti agli occhi le immagini del suo esame di terza media che abbiamo preparato insieme con tanta fatica, e che ha discusso con il nostro sostegno, perché eravamo lì vicino a lei.
Abbiamo pensato a quanto fosse, nuovamente, messa davanti all’ennesima prova da superare (anche se parlare di “prova da superare” può risultare inappropriato). Ci preoccupavamo di come potesse reagire a questo immenso dolore, cosa avrebbe fatto? I suoi sogni sul futuro che strada avrebbero preso? E tutto il lavoro fatto con lei, sull’autostima, sul credere in se stessa e tutti i grandi passi di autodeterminazione fatti fino ad ora?
Ci siamo sentite davvero un po’ perse, preoccupate e a tratti smarrite. Ci siamo preoccupate per lei, per la famiglia, per il papà ed il fratello. Sarebbe lei diventa ora la “donna di casa” e avrebbe così abbandonato la scuola? Il suo sogno di diventare una OSS? Tutto questo ci rimbombava nella testa, ma ci siamo fermate e prese tempo. Tempo per capire anche noi cosa era successo e come potevamo stare vicine ad A., ma anche a tutti gli altri ragazzi e ragazze che conoscevano benissimo la sua mamma e tutta la famiglia.
La morte segna con una modalità cruenta e netta una fine, lascia dietro di sé ricordi e malinconie e diventa un peso ancora più grande da portare come segno sulla propria pelle quando si è ancora forse troppo piccoli/e per poter affrontare un dolore così grande ed inaspettato.
E perciò come stare vicine a chi ha perso in questa pandemia, la mamma? Come essere di conforto, come dare risposte a questi momenti percepiti e vissuti così ingiusti?
Ci siamo prese tempo, ci siamo sostenute anche noi tra colleghe, ci siamo ascoltate e capite. Abbiamo vissuto nella nostra intimità quotidiana questo dolore che portava con sé anche parte della responsabilità che si ha nell’accompagnare e prendersi cura di una giovane ragazza che ha perso la mamma.
Una grande famiglia però sa sempre come rialzarsi, come supportarsi quando qualcuno cade e ha bisogno, e così abbiamo teso una mano a A. e ci siamo ancora di più uniti e messi a disposizione. Esserci, questo volevamo e credevamo fosse giusto, esserci per lei, per la sua famiglia e per celebrare insieme questo momento così difficile.

Abbiamo ascoltato A. con le modalità che più ci appartengono e che trasmettiamo come un dono e sapere prezioso ai “nostri” ragazzi e ragazze: abbiamo ascoltato senza giudizio, abbiamo accolto, ci siamo anche noi commosse con lei, abbiamo rispettato i silenzi, ci siamo state ad ogni orario e giorno della settimana perché il momento migliore per parlare lo scelgono i ragazzi/e e non solo noi. Ci siamo state come negli ultimi sei anni di vita di A.
L’attesa dei suoi tempi ci ha donato un gesto unico e anche inaspettato, domenica mattina, a due giorni dalla scomparsa della mamma, A. ci manda una foto del pane che aveva fatto appena sfornato e ancora fumante.
Il pane che faceva ogni domenica con la mamma, impastando insieme tra farina, acqua e musiche tradizionali che riecheggiavano per tutta la casa. Il pane, con un gesto di cura e di tradizione: A. ha preso i suoi ingredienti tra le mani e ha iniziato ad impastare, a rifare come solo loro sapevano fare insieme il “loro pane”, un pane però che aveva quel giorno il sapore salato delle lacrime pesanti che cadevano sul tavolo.
Volevamo che questo gesto simbolico e di cura, che richiede pazienza, amore e impegno fosse IL gesto di tutti noi, fosse come un rituale simbolico collettivo che ci tenesse vicini, che permettesse di celebrare insieme.
Perché in un altro tipo di momento saremmo stati sicuramente vicini ad A. partecipando al funerale ma ad oggi non si poteva far nulla di cosiddetto “normale”, nulla permetteva una rielaborazione, non c’era modo e tempo di ritualizzare questo passaggio. Pensavamo fosse indispensabile trovare un momento e un modo anche per chi è stato toccato da questo dolore, perché in tantissimi conoscevano la mamma di A. e tutta la sua famiglia vivendo appunto nel quartiere, per celebrarlo uniti e sostenuti l’uno dal gesto dell’altro.
Così, abbiamo fatto il pane per A. e per la sua mamma, abbiamo fatto il pane per Noi, anche per celebrare il nostro di dolore, per non lasciarlo lì in sospeso ma per dargli una forma e per trasformarlo, per farlo pian piano lievitare con pazienza e cura, per permettere al dolore di trasformarsi in un gesto concreto. Le nostre mani a distanza impastavano, i nostri occhi guardavano le mani muoversi con gesti lenti ed attenti, il nostro cuore batteva e scandiva i movimenti fatti con cura ed attenzione e la nostra anima era vicina ad A. Abbiamo cercato come educatrici e come donne di prenderci cura attraverso un gesto, una ritualizzazione, in un momento dove si è persa questa possibilità. Abbiamo voluto dedicare il giusto tempo con pazienza e amore, perché anche in un momento così doloroso l’azione educativa insegna ad allenare i nostri cuori e le nostre anime a restare in contatto e vicine, dove l’uno è il sostegno dell’altro e dove le grandi famiglie non sono per forza fatte di legami di sangue ma di sguardi, di complicità di aiuto e di vicinanza.
Laura e Clara ed Equipe educativa
Centro Giovani Federale